La bellezza ‘maltrattata’ di Palermo: l’esempio del palazzo di piazza Castelnuovo

La bellezza è la migliore lettera di raccomandazione. Lo diceva Aristotele oltre 2 mila anni fa. E non vale solo per le persone ma anche per le città. Ora, Palermo è bella ma spesso ho la sensazione – correggetemi se sbaglio (ma credo di no)- che non sia valorizzata.

E non è un problema di conto. Se Simonetta Vespucci, individuazione della bellezza assoluta per Sandro Botticelli, non avesse curato la sua immagine così da ammaliare chiunque la vedesse, non avremmo molto probabilmente avuto la Nascita di Venere.

In poche parole, la bellezza, per essere riconosciuta tale, va notata e, per esserlo, occore che sia curata.

A Palermo, purtroppo, sono tanti e vari esempi di bellezze ‘calpestate’. E la rabbia è tanta perché se certi palazzi, certe fontane, certe statue, le avessero avute in una qualche città del Nord Italia/Nord Europa, sarebbero così splendenti da potercisi specchiare.

Un esempio di ciò è quel palazzone che si trova in piazza Castelnuovo, accanto al Politeama. Non so quali siano le sue condizioni interne ma quelle esterne sono un pugno in un occhio.

Il suo prospetto è scolorito, cupo e macchiato. Non trasmette bellezza e maestosità ma incuria e degrado. Ora, se questo palazzo si trovasse in un vicolo sperduto e per nulla frequentato della città, allora potrei semplicemente dispiacermene e non farmi incazzare. Quella piazza, lo sappiamo bene, è uno – se non il principale – dei luoghi di ritrovo e simbolo di Palermo. E, al netto dei cantieri, che prima o poi ci abbandoneranno, quella facciata abbandonata a se stessa è un affronto al culto della bellezza. Anzi, il paradigma di una città che potrebbe essere bellissima ma non lo riesce ad essere.

Ora, come ho scritto pochi giorni fa su Facebook, “ci sono città in cui i palazzi del centro storico hanno almeno un aspetto esteriore degno. Questo qui, invece, è ‘macchiato’ da non so quanto tempo. A Palermo vorrebbe non solo l’educazione al culto del bello ma anche il pretenderlo da chi dovrebbe custodirlo e valorizzarlo“. Parole che hanno suscitato qualche reazione, come quella di Mario Caminita, noto DJ e voce di Radio Time: “Tutto in nome del decoro… decoro? Sono quasi sicuro che a questa parola talvolta venga attribuito un significato errato, anzi, se guardo in giro per la città e penso a tutte le volte che i vertici dell’amministrazione ne hanno fatto uso, mi convinco che non ne conoscano il reale significato“. E poi c’è stato il commento di Sabrina Gianforte che è arrivata al nocciolo della questione: “Questo immobile è della Curia. I proprietari hanno l’obbligo di restaurare ed esistono fondi a sostegno per il Centro Storico. Sollecitiamoli“.

Sì, sollecitiamoli. A bussare alla porta, però, dovrebbe essere l’amministrazione comunale. Non so se l’abbia fatto anche una sola volta – auspico di sì – ma la bellezza della città ha bisogno di rispetto e il rispetto va preteso e, a volte, ordinato. Palermo merita di più.